Gli 8 anga dello Yoga – Ashtanga Yoga

Gli 8 ANGA sono le 8 membra di cui si compone lo Yoga tutto, a prescindere del tipo, stile, scuola, tendenza, guru, maestro yoga tu faccia riferimento.

A parlarcene per la prima volta circa 2200 anni fa è Patanjali nei suoi Yoga Sutra: quindi mi raccomando se non sai cosa sono gli Yoga Sutra leggi e ascolta il podcast correlato a questo mio precedentemente articolo: https://ciaoyoga.it/cosa-sono-gli-yoga-sutra/

Una volta capito cosa sono gli Yoga Sutra ti sarà più facile seguirmi in questa descrizione degli 8 ANGA. Prima di cominciare un ulteriore avvertenza: il libro maestro che mi fa da guida in questa spiegazione per rendere ancor meglio la spiegazione di queste 8 parti dello yoga tutto è “L’Albero dello Yoga” del maestro B.K.S. Iyengar di cui trovi la mia esatta versione qui: https://amzn.to/3NNS0S3

Queste otto parti dello yoga vengono definite ASHTANGA YOGA da “Ashta” che significa otto e “Anga” traducibile come passi o membra, appunto. Da non confondere con l’ASHTANGA VINYASA YOGA e cioè con lo stile di yoga dinamico creato negli anni ’50 dal maestro Pattabhi jois.
Quando parli di ASHTANGA YOGA, omettendo quindi il termine vinyasa, fai riferimento alle 8 parti in cui “avviene” lo yoga e senza, anche solo una di queste parti, difficilmente possiamo praticare, vivere ed “esperienziare” lo Yoga.

Il maestro Iyengar per spiegare al meglio questo concetto si serve della metafora dell’albero e dice cosi come l’albero non potrebbe essere concepito se non fosse composto da radici, fusto, rami, foglie, corteccia, fiori e frutti che esistono all’unisono, così lo Yoga ha bisogno di tutte e 8 le sue membra per esistere. Nello specifico Iyengar scrive:

Gli Yama creano le radici per vivere con chiarezza e in modo onorevole grazie ad una disciplina etica, i Nyama costituiscono il tronco dell’albero, creando una base di purezza nel corpo e nella mente. Le Asana costituiscono i rami dell’albero al tempo stesso forti ma flessibili, capaci di muoversi in armonia con i venti della vita. Il Pranayma è simboleggiato dalle foglie e anche noi come l’albero assumiamo la forza vitale attraverso gli scambi gassosi che avvengono con il respiro. Pratyahara è la corteccia che protegge l’albero dagli agenti esterni e impedisce alla sua essenza di fuoriuscire. Dharana è la linfa che scorre attraverso i canali dell’albero e delle foglie così da mantenere saldo l’insieme corpo e mente. Dhyana è il fiore della coscienza interna che matura piano piano nel frutto pieno della pratica, il Samadhi, ovvero la pura beatitudine“.

Nella prima parte del podcast vediamo i primi 4 Anga mentre nella seconda parte analizziamo insieme gli ultimi 4. Qui di seguito ti riassumo in breve quanto spiegato nei due podcast.

YAMA: le radici dell’albero (=osservanze che regalano la nostra relazione con il mondo esterno). E’ interessante notare che il termine Yama “nelle scritture sanscrite viene attribuito ad una figura mitica; Yama è infatti il Signore giudice dei morti, figlio di Vivasvat. Egli fu il primo uomo a morire e secondo la tradizione, è lui che conduce il defunto al regno dei suoi antenati. Nel contesto Yoga , Yama va inteso come il “trattenitore”, dalla radice Yam che significa frenare, controllare, cessazione. Yama, quindi è l’astinenza che deve essere applicata ai pensieri, alle parole e alle opere“ (fonte: https://www.yogaweb.it/raja-yoga/yama-e-niyama/).
Gli Yama sono 5 e sono:
1.AHIMSA (non violenza);
2.SATYA (il vero, onestà, amore per il vero);
3.ASTEYA (non desiderare quello che non si ha, non rubare),
4.BRAHMACHARYA (continenza, evitare sprechi di energia),
5.APARIGRAHA (non accumulare, lasciar andare).

NYAMA: il tronco dell’albero (=osservanze che regalano la relazione con noi stessi, da NI “dentro, più in profondità” e YAMA “osservanze”). Anche i Nyama sono 5 e sono:

  1. SAUCHA (purezza);
  2. SANTOSHA (la contentezza intesa come leggerezza d’animo in tutte le situazioni);
  3. TAPAS (il fuoco, l’ardore, la disciplina e l’attenzione);
  4. SWADHYAYA (lo studio del sè);
  5. ISHVARA PRANIDHANA (l’abbandono all’Assoluto).

ASANA: i rami dell’albero (=le posizioni dello yoga). Le asana rappresentano l’espressione esterna di un moto interno e la loro pratica è oltre che necessaria, imprescindibile per il cammino di ogni yogi. La pratica delle asana rende il corpo fisico, sottile, emotivo, energetico del praticante forte ma al tempo stesso flessibile in grado di adattarsi ai venti della vita.

PRANAYAMA: le foglie dell’albero (=creazione e distribuzione dell’energia, da PRANA “energia” e AYAMA “creazione, distribuzione, mantenimento”). Fai PRANAYAMA ogni volta che sali sul tappetino e portando l’attenzione al respiro coordini ogni movimento con ogni fase della tua respirazione. Per arrivare a praticare correttamente alcuni esercizi di PRANAYAMA più particolari ed avanzati occorre prima fortificare adeguatamente il corpo con gli asana.

PRATHYAHARA: la corteccia dell’albero (=ritensione dei sensi, da PRATHYA “via” e HARA “tirare” ). Ritiro dei sensi dall’esterno verso l’interno: come l’artista per creare ha bisogno di ritirarsi ed isolarsi in solitudine, così lo yogi ha bisogno di distaccarsi dal mondo esterno per entrare nel proprio sé più profondo e percepire la realtà senza i filtri della mente conscia ovvero senza le solite paure, abitudini, dubbi, pattern comportamentali. In questo modo lo yogi evita ogni automatismo comportamentale e percepisce il mondo in maniera più autentica. Puoi entrare in un primo stadio di PRATHYAHARA attraverso alcune tecnologie dello Yoga come Shanmuki Mudra o Bhramari Pranayama che puoi studiare e approfondire qui: https://ciaoyoga.it/shanmukhi-mudra-e-bhramari-pranayama/.

DHARANA: la linfa dell’albero (=concentrazione, da DHRI “mantenere” con riferimento alla capacità di mantenere l’attenzione focalizzato su un punto). DHARANA è la capacità di concentrarsi, di mantenere focalizzata l’attenzione su un punto per un determinato lasso di tempo. Puoi entrare in DHARANA osservando un punto, uno YANTRA, la fiammella di una candela (TATRAKA), ripetendo un MANTRA oppure portando la tua vista interna in alcuni punti del corpo come l’ombelico, il punto in mezzo alla fronte, la radice della lingua, il punto in mezzo al petto. Più eserciti DHARANA e più è probabile entrare in DHYANA come per una sorta di effetto domino.

DHYANA: il fiore dell’albero (=meditazione, da JANA “conoscenza” per estensione “meditazione”). Concentrazione diffusa senza tempo né punto su cui focalizzare l’attenzione. DHYANA è uno stato che avviene. Puoi entrare in DHYANA più facilmente quando ti trovi in degli stati di KUMBAKA, cioè di apnea a polmoni pieni ANTARA KUMBAKA o polmoni vuoti, RECHAKA KUMBAKA.

SAMADHI: il frutto dell’albero (=illuminazione, beatitudine, mettere insieme, unire). Puro assorbimento, illuminazione, quando non c’è più distinzione tra ego e realtà. SAMADHI è uno stato assimilabile allo stato di “trance” in cui entrano gli artisti quando creano la loro opera: ma differentemente dall’artista lo yogi non ha bisogno di creare nulla, resta assorbito totalmente nel suo puro stato di beatitudine.

Questi sono in breve gli 8 ANGA dello Yoga, sono universali e valgono per qualsiasi tipo, stile e forma di yoga. Non basta conoscerli a livello teorico, ma è necessario applicarli sul tappetino e nella propria vita di tutti i gironi, se si vuole realmente “fare” Yoga. Sono principi che non si esauriscano mai, la cui comprensione e applicazione cambia ed evolve insieme alla nostra crescita personale.

Mi raccomando se capiti su questo articolo e se ti sarà utile non esitare a farmelo sapere lasciando un commento qui sotto! Buono Yoga!

Sat Nam!

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